martedì 26 giugno 2012

Blogolo consiglia: Élmer Mendoza, Il Cartello del Pacifico (La Nuova Frontiera)

Che negli ultimi tempi il noir, da genere narrativo da molti ritenuto secondario, si sia imposto invece come elemento centrale e immancabile della letteratura, è sotto gli occhi di molti. Un ritrovato interesse dettato anche, e forse soprattutto, dal fatto che sempre più dietro e dentro uno di questi romanzi è possibile rintracciare quelle inchieste, quegli approfondimenti, quei dossier, che una volta erano appannaggio del giornalismo ma che, negli ultimi anni, sempre meno – senza volerne qui indagare i motivi – trovano spazio nella stampa.
Non stupisce quindi che all’interno del vasto mondo del noir stiano emergendo delle aree specifiche. Prima fra tutti, per portata, rapporti tra criminalità e politica, economia illegale ed economia reale, quella del narcos-noir.
Ed è a questo genere (definirlo sottogenere sarebbe offensivo per la qualità delle opere) che appartiene “Il cartello del Pacifico”, ultimo romanzo di Élmer Mendoza, pubblicato in Italia dalla casa editrice “la Nuova frontiera”.
Come il precedente “Proiettili d’argento”, il protagonista del romanzo è Edgar “El Zurdo” Mendieta, mentre lo sfondo è sempre lo stesso: la guerra che si combatte ogni giorno nelle strade del Messico tra i cartelli del narcotraffico e il governo. Una guerra più di parole che di intenti reali, in un paese dove la corruzione è all’ordine del giorno e arriva fino ai vertici della gerarchia sociale. Lo scoprirà il macino (El Zurdo) Mendieta, quando proverà ad indagare sulla morte di Mayra, ballerina di un club, che il detective aveva conosciuto – e di cui si era innamorato – qualche tempo prima. I sospettati sono uomini facoltosi, chi pronto per un’ascesa politica, chi per quella criminale. L’assassinio di Mayra, in tal senso, serve a tessere un filo conduttore fra questi due mondi che, mai come in Messico, sembrano così intricati da rendersi indistinguibili.
Un romanzo che Blogolo consiglia per una serie di motivi: per capire cosa stia succedendo in Messico dove, dal 2006 ad oggi, circa 60mila persone sono state assassinate nella guerra tra Cartelli del narcotraffico; perché Mendieta è un protagonista complesso, costruito con grande sapienza, quasi da rendere deludente il pensiero che sia solo opera della fantasia dello scrittore; perché ci sentiamo di sottolineare quanto detto da Giancarlo De Cataldo sul Corriere della Sera, frase riportata in quarta di copertina: «Mendoza resta. Resta perché, oltre a raccontare la crisi della sua democrazia, lo fa con una scrittura nervosa, suggestiva, essenziale, nei tratti migliore spietata».
Due ultime menzioni. La prima è per “la Nuova frontiera”, casa editrice che fonda buona parte della sua missione editoriale sulla letteratura sudamericana e chicana, offrendo al mercato italiano opere di valore assoluto.
La seconda menzione – che in buona parte riguarda la stessa casa editrice – va al traduttore de “Il cartello del Pacifico”, Pino Cacucci. Spesso in fase di traduzione un romanzo perde qualcosa, se non dal punto di vista della scrittura, quanto meno da quello dell’immaginario. Da questo punto di vista Cacucci, grande conoscitore del Messico, riesce a restituire alla scrittura, anche dopo la traduzione, quei colori e sapori che i romanzi possiedono.


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